Canto a più voci
"Canto a più voci" è una Rassegna d'Arte Contemporanea che si inserisce perfettamente sia nelle iniziative dell'Associazione Culturale Arianna, che nell'ambito di un più generale rinnovamento culturale che parte dal basso, ossia da piccole realtà e punta alla diffusione della conoscenza e alla riscoperta dell'arte, proprio all'interno del museo, luogo deputato sin dall'antichità alla conservazione delle opere d'arte, assecondando quell'istinto dell'uomo a ricordare e dunque a conservare. Poi, attraverso uno sviluppo delle normative e delle leggi che regolamentano i musei e in base al Codice deontologico dell'ICOM - una organizzazione internazionale che si occupa, appunto, di musei - ad esso viene attribuita non soltanto una funzione conservativa, ma anche di didattica, studio, intrattenimento e chiaramente dell'esposizione delle opere ai fini della pubblica fruizione. Il che vuol dire che il museo si impegna a far sì che i beni custoditi al suo interno possano arrivare a tutti. Tuttavia, una volta all'interno del museo, come sottolinea un teorico dell'arte dell'Ottocento, Bernard Berenson, molti non sanno effettivamente che cosa guardare di un'opera d'arte. Perciò Berenson proponeva di educare al gusto, al bello, così come si insegna ai bambini sin da piccoli a riconoscere un cibo buono da uno cattivo. Così egli vorrebbe che anche l'insegnamento al bello diventasse normale, naturale come quello all'alimentazione. Al di là delle teorie di Berenson sull'arte che sono considerate ormai come superate, si può dire invece che questa volontà di educare al bello, di educare all'arte sia condivisibile, se la si considera come una volontà di avvicinare l'arte ad un pubblico sempre più ampio. Iniziative come questa perseguono proprio tale scopo, in quanto danno vita attiva all'istituzione museo, la quale potrà mostrare al pubblico non solo le proprie bellezze, ossia le opere contenute in via permanente al suo interno, ma potrà anche confrontarsi con l'arte contemporanea, ospitata negli spazi espositivi del museo fino al 10 gennaio 2014. L'iniziativa, inoltre, è perfettamente in linea anche con la mission, lo scopo dell'Associazione Culturale Arianna, che è non soltanto di promozione artistica, ma anche di diffusione di concetti come la tolleranza e la fratellanza tra gli uomini. Il museo, infatti, si configura essenzialmente come un luogo di incontro tra culture. Molti in effetti sono gli studiosi che ritengono che al suo interno siano almeno tre le culture che si incontrano. Quella dell'artista che ha realizzato l'opera esposta nel museo, che in una mostra come questa si moltiplica perché ci sono opere create da artisti differenti, ciascuno con un proprio background ed una propria visione del mondo. Poi quella del curatore o dei curatori, che, disponendo le opere, inevitabilmente ne orientano anche la lettura. Ed infine, non meno importante, quella del pubblico. Anche questa cultura sottende una pluralità, poiché la nostra società è ormai caratterizzata da un crogiolo di culture. E il museo le rispecchia perfettamente, anzi, favorisce il confronto e soprattutto il dialogo tra culture diverse. La Rassegna si chiama "Canto a più voci", titolo calzante ad esprimere la diversità e allo stesso tempo l'armonia che caratterizzano questa esposizione. Nel canto a più voci, infatti, a differenza del coro dove le voci si modulano in maniera armonica per formare un'unica grande voce, ci sono sì voci armoniche, compatibili, complementari, ma esse mantengono comunque una loro individualità. E in effetti in questa Rassegna stili diversi si avvicendano e si sovrappongono, ben inseriti all'interno degli spazi espositivi del Museo Civico e le differenze non si appianano, non si eliminano, non si annullano, ma, anzi, si esaltano e soprattutto si valorizzano, riprendendo quel concetto espresso dall'antropologo M. Turci del museo come "incontro autoriale polifonico", appunto, a più voci. Le opere esposte sono diverse per stili, ma sono tutte "contemporanee", cioè ben inserite all'interno dei discorsi artistici dei giorni nostri, quelli che a partire dagli anni '70, con la Transavanguardia, movimento nostrano ideato da Achille Bonito Oliva, vedono una battuta d'arresto rispetto alla neutralità, all'impersonalità, alla serialità di movimenti come il Minimalismo, l'Arte concettuale o la Pop art, per riscoprire elementi della tradizione come il colore, la pittura di figura, la manualità, ma anche il piacere della creazione artistica. Effettivamente le opere esposte partono da elementi della tradizione, intesa non soltanto come quella lontana nei secoli, ma anche quella che si protrae sino al Novecento, per elaborarli in chiave contemporanea, quindi attraverso linguaggi e metodi espressivi diversi e originali. Un critico d'arte, Clive Bell, in un suo scritto intitolato Il piacere della pittura, parlava della felicità che si prova di fronte ad un'opera d'arte e si chiedeva il perché di questa felicità, riscoprendolo nella capacità dell'esteta, colui che ha un animo sensibile e recettivo - e mostre come questa cercano anche di far aumentare questi animi - di farsi affascinare, farsi coinvolgere dagli elementi puramente estetici del dipinto, cioè la forma ed il colore. Bell definiva questa felicità "stato d'animo estetico" e la paragonava a quella provata tra amanti, dunque di un livello veramente intenso. Poiché l'uomo da sempre è alla ricerca della felicità, a volte anche in maniera disperata, spasmodica, tormentata, sicuramente quella dettata dalle opere d'arte non può mancare nella sua vita. Dunque, il merito di mostre come questa sta anche nella loro indubbia capacità di rendere chi le vive e le osserva artisticamente un po' più felice.
dott. ssa Valentina Basile
critico d'arte
Hai bisogno di informazioni?
Vuoi chiedere maggiori informazioni? Lasciami un messaggio, risponderò al più presto