Dell'amore e di altri cieli
La Rassegna d’Arte Contemporanea “Dell’amore e di altri cieli” si propone come obiettivo quello di inneggiare all’arte, all’amore – a qualsiasi forma d’amore – oltre che, ovviamente, all’amore per l’arte. La tematica scelta per la mostra, l'amore come espressione dell'individuo nella sua libertà ed unicità, consente di riflettere anche su quelle realtà sociali nelle quali l'amore non può essere liberamente vissuto.
Conseguenza dell'amore negato è l’omofobia, un tema sicuramente attuale, che rende questo evento ancora più rilevante non soltanto da un punto di vista artistico, ma anche sociale.
In realtà, l’opera d’arte come fatto sociale, come risposta alle domande che di volta in volta
la società pone a chi vive le sue trasformazioni ed in particolar modo all’artista, per la sua sensibilità e la sua capacità di comunicare, non è una invenzione contemporanea. L’arte è sempre figlia del suo tempo, sia che essa diventi espressione del potere, che spesso l’ha utilizzata per legittimarsi e - dagli imperatori romani ai totalitarismi - per fornire una determinata immagine di sé, sia che diventi un forte mezzo di denuncia nei confronti della società, del potere politico, economico, religioso, istituzionale. E da questa critica neanche il museo è uscito illeso. Gli artisti, a partire da futuristi e surrealisti, ne criticavano il modo di esporre le opere, il modo di acquisirle non sempre legale, le censure che talvolta il museo ha operato nei confronti di alcuni artisti. Nel tempo però il rapporto artista-museo si è consolidato. Artisti e museo si sono riappacificati, seppur con delle tensioni ancora oggi avvertibili ed il museo, come avviene all’interno di questa Rassegna, è diventato un potente alleato dell’artista, innanzitutto perché a lui offre lo spazio fisico nel quale inserire le proprie opere, veicolo di un messaggio che ha anche dei risvolti sociali, dunque gli consente di rendere concreta la propria idea.
La mostra “Dell’amore e di altri cieli”, come già precisato, esalta l’amore in tutte le sue manifestazioni ed espressioni, dunque, nell'affrontare questo tema nella sua accezione più ampia, essa ha posto l'accento anche sull’omofobia. Si tratta di un termine che sta ad indicare la paura del diverso ed in particolar modo di persone che hanno un orientamento sessuale diverso dal proprio. Non occorre ricordare che al giorno d’oggi le azioni omofobe, che consistono in una violenza verbale e talvolta anche fisica, sono considerate un reato e, secondo l’ONU, ledono i diritti fondamentali dell’uomo,tra cui si potrebbe inserire a ragione anche il diritto ad amare. Lo stesso Stato italiano si sta muovendo in proposito, proponendo campagne di sensibilizzazione contro l’omofobia, in modo da scongiurare azioni di questo tipo. Ma, al di là dei percorsi giudiziari ed istituzionali che sicuramente si stanno muovendo nella direzione giusta, sicuramente gli esempi più belli e gli spunti di riflessione migliori provengono da un’altra forma d’arte, che è la letteratura. E’ il caso della scrittrice contemporanea Jeanette Winterson, che, nel suo libro “Perché essere felice quando puoi essere normale?” descrive le sue difficoltà a rivelare la propria omosessualità: difficoltà che la porteranno dapprima ad abbandonare la casa materna, poi il paese d’origine. Già il titolo del libro è di per sé emblematico e drammatico nella sua semplicità. Quando la Winterson rivela alla madre la sua omosessualità e afferma di voler soltanto essere felice, quest’ultima le pone la domanda, diventata poi titolo del libro: perché essere felice quando puoi essere normale? E’ proprio la difesa di una normalità utopica una delle giustificazioni più frequenti delle azioni omofobe, mentre la mostra “Dell’amore e di altri cieli” vuole invece proporre un messaggio diverso, per cui è sempre meglio essere felici, piuttosto che essere “normali”, concetto tra l’altro – e l’antropologia ce lo insegna – estremamente relativo.
Per quanto riguarda le opere esposte all’interno della cornice museale del Museo Civico di Maddaloni in occasione della Rassegna, si tratta, come spesso accade all’interno di mostre collettive, di opere diverse tra loro.
Nell’epoca postmoderna, in effetti, non esiste più un’unica direzione, un’unica visione e questo nell’arte si riflette nella convivenza di soggetti, stili, correnti diverse da cui attingere.
In realtà poche sono le opere figurative in senso stretto ed in esse il carattere narrativo o metaforico è predominante. Vi sono opere, invece, che partono dalla figurazione, per poi aggiungere elementi onirici o stranianti, che si rifanno alle esperienze del surrealismo e della metafisica, con lo scopo di spiazzare chi osserva l’opera e di produrre nuovi significati. Ancora, vi sono opere in cui la figura viene elusa, smaterializzata, attraverso procedimenti diversi, che possono essere l’uso di colori non naturalistici, la tendenza al decorativismo, la trasfigurazione dei corpi: caratteristiche che rimandano alla visione delle correnti della secessione austriaca e dell’espressionismo tedesco.
Infine, le opere di alcuni artisti rinunciano alla figurazione, ma anche in questo caso bisogna
fare le dovute distinzioni. Alcune opere si affidano alla purezza e alla forza del colore, ricalcando e ovviamente rielaborando le linee guida dell’espressionismo astratto, altre invece puntano sull’irruenza e sull’irrazionalità del gesto artistico, rifacendosi all’action painting e all’informale. Altre ancora rendono protagonista la materia, che non è soltanto materia pittorica, ma anche legata all’utilizzo di materiali diversi, in alcuni casi non “nobili”, che tendono ad invadere lo spazio dello spettatore, pur restando ancorati al supporto della tela.
Le opere, dunque, sono diverse, ma tenute insieme da una univocità di intenti, che è quella di portare avanti un progetto, un manifesto nel quale gli artisti, lasciando parlare le loro opere, affermano di credere nella potenza dell’amore, come forza capace di muovere il mondo e, dunque, anche il mondo dell’arte.
Maddaloni, 12 aprile 2014
dott. ssa Valentina Basile
critica d'arte
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